La Nostra Storia
Il paesaggio è quello tipico della campagna trevisana, una distesa di vigneti su cui ondeggia al minimo vento qualche filare di pioppi. Sulle terre di un antico convento, il Monastier del nome, le vigne sono cresciute intorno a una villa secentesca.
La strada dei grandi vini veneti passa di qui, qui propone da secoli una sosta privilegiata. E una sorpresa. Perché i bianchi D.O.C. locali, come il Pinot grigio, il Pinot bianco, lo Chardonnay, e il Verduzzo, sono squisiti, ma succede che, in un’amabile contraddizione, proprio qui dove risulta nobilissima, l’azzurra vena che segna queste terre sulle mappe degli enologi si colora di rosso. A Monastier sono rossi D.O.C. il Cabernet, il Cabernet Sauvignon, il Merlot, e il Raboso.
I signori di queste terre, i Giustiniani, vantano origini leggendarie, se possono riconoscere nello stesso imperatore Giustiniano il loro capostipite e se, a partire dagli albori, è la storia della Repubblica Veneta a testimoniare delle loro tradizioni, dei personaggi straordinari che, per secoli, hanno dato lustro al loro nome: Santi, come Lorenzo, Poeti, come Leonardo, Storici, come Bernardo, Dogi, come Marcantonio Giustiniani.
Indietro nel tempo, la teoria è lunga di queste apparizioni che scendono dagli altari, dalle nicchie, dai piedestalli dei monumenti per proiettare sino a noi le loro ombre gloriose.
Saranno venuti, nei giorni della loro stagione terrena, dai grandi palazzi della Laguna, risalendo i canali, la docile corrente del Meolo, sino a queste terre benedette, dove il passare del tempo sembra cristallizzarsi in mille aspetti cordiali, dai pergolati gravidi di grappoli, alle cantine che custodiscono le solenni botti di rovere, alle gradinate di pietra dell’imbarcadero?
Persino oggi – o è illusione – potrebbero arrivare da un momento all’altro gli illustri fantasmi in vesti sontuose: e pare di poter contare le dame, i cavalieri, i musici con i loro strumenti singolari, i cantori appassionati, i servi, gli animali che li seguono domestici ed esotici.
Le tavole sono sempre pronte, sulle tavole brilla in meravigliosi flaconi di Murano il rubino del rosso di qui, l’ambra del bianco.
Le vigne, intorno, hanno i colori di tanta pittura, la tenerissima malinconia dell’ultima scena della “Villeggiatura” goldoniana.
“C’è qualcuno che canta, da qualche parte: Donna, leva la porta, acciò che non la cridi ne l’aprire…”
Sergio Ferrero – Scrittore e Romanziere
E’ una canzone antica, un’aria che torna da chissà dove, chissà quando.
Le parole, adorabili di malizia, sono di un Giustiniani, Leonardo, il poeta: di casa, qui